di Antonio Stanca –

La cultura è un fenomeno legato a particolari ambienti, scuole o altri luoghi di studio, l’arte riguarda pure certi ambienti ma soprattutto certi personaggi, certe figure che possono provenire da cultura o possono farsi da sole perché dotate. Sono, comunque, delle eccezioni, dei casi isolati mentre la cultura, pur rimanendo un fenomeno d’élite, col tempo si è andata sempre più diffondendo. Pubblica è diventata quella scuola che era sorta come privata, fatta di pochi insegnanti e di un numero limitato di alunni. In seguito tutti hanno potuto accedere all’istruzione anche se non tutti riuscivano ad assumerla in modo da distinguersi, da raggiungere alti livelli di conoscenza, alti meriti. È successo pure che grazie ai moderni sistemi d’istruzione sia aumentato il numero degli studenti capaci di ottenere risultati di valore e lo si deduce dai titoli, dalle posizioni che hanno conseguito. I più bravi adesso sono di più poiché dispongono di più mezzi per la loro preparazione, mezzi visivi, auricolari, telematici, che permettono di ampliare, approfondire le conoscenze, completare il discorso riguardo ad ogni argomento, specializzarsi. Ma sta pure succedendo e da parecchio tempo che mentre aumenta il numero dei bravi nello studio, nella cultura, nelle professioni, aumenta anche quello di chi bravo non è stato, non è ma così vuole apparire. Molti sono oggi i non bravi che non rinunciano al successo di quegli altri. I nuovi ambienti, i nuovi modi, la nuova vita ha fatto credere a tutti di poter disporre di tutto, di poter raggiungere tutto come se tutto fosse diventato un fenomeno commerciale, di moda. Ed ecco che come i veri studiosi, come i veri artisti ovunque, in televisione o altrove, in paesi o in città, a Nord o a Sud, compaiono personaggi che studiosi non sono né artisti ma che così si presentano. Un’improvvisazione di carattere generale si sta verificando in ogni ambito e maggiore è il risalto che assume in quello culturale, artistico. Con una superficialità, una presunzione senza precedenti tanti credono ormai di poter scrivere libri, dipingere quadri, comporre musica, creare spettacoli. Di poter fare cultura, arte credono anche se di dubbia qualità e provenienza e solo perché particolari circostanze lo fanno pensare. È molto grave questo fenomeno se si tiene conto della confusione che comporta, dei danni che arreca ai veri autori, di quanto devia i gusti, le scelte del pubblico dal momento che molta parte di questo è attirata da simili operazioni perché più facili da seguire, da capire.

In verità non è mai stata una moda essere scrittori, musicisti, pittori, registi, non è mai stata un’attività diffusa e non basta pensarlo perché lo diventi.

Il fenomeno, tuttavia, tende a continuare, ad estendersi al punto che difficile è diventato contenerlo, correggerlo anche perché è un altro aspetto di quel recupero, di quella riabilitazione delle masse popolari alla quale i tempi moderni hanno portato, è un altro risvolto di quella mania di grandezza, di quello spirito di rivalità, di competizione che è proprio della vita d’oggi. Ha, quindi, un carattere sociale, è stata come un’esplosione che ha rovesciato tutto, che ha fatto della dimensione comune, quotidiana un valore capace di mettere in crisi ogni altro compresi quelli della cultura e dell’arte. In una crisi che preoccupa perché non si riesce a vedere una soluzione, perché fa sembrare emancipazione quella che è soltanto una perdita.   

Antonio Stanca