“Rimpalli”, il diario di vita di Teodoro Lorenzo
do Marcello Buttazzo –
Il nuovo libro di Teodoro Lorenzo, ex calciatore professionista (anni ’80 – Alessandria) s’intitola “Rimpalli”, pubblicato nel dicembre 2024 da Voglino Editrice. L’autore oggi è un avvocato e in “Rimpalli” ci dona un romanzo sotto forma di diario di vita, un lungo racconto che avvince per le storie evocate. Viene narrata, in questo scritto, con divagazioni storiche e letterarie di vario tipo, un’adolescenza viva d’amore e di attese, devota al gioco del pallone e alle amicizie. “Rimpalli” è ricco di notazioni, di vicende, di accadimenti. È essenzialmente la storia d’una adolescenza bordeggiata nei quartieri di periferia. Un’adolescenza vibratile d’amore e di passione.
Il libro s’apre con considerazioni filosofiche sul concetto di felicità, che è una mansione già tratteggiata dai Greci 2500 anni fa. Per Teodoro Lorenzo, “la felicità è una fortuna, donata da una divinità misteriosa, che accade all’improvviso”. Epperò, occorre sognare sempre, pensare con il cuore. La felicità non la puoi condividere con nessuno, annulla il tempo, brucia intensamente e svanisce in fretta. Felicità è la folle corsa di Tardelli nella finale mondiale del 1982. Per Lorenzo, il dio del calcio è quello che presceglie, predefinisce e decide tutte le vicende calcistiche. Nella finale contro la Germania, Tardelli si lancia in una corsa sfrenata, seguito dai compagni, annulla il tempo. Lui vuole abbracciare il bambino che naviga in lui. Quel bambino che sognava di segnare un gol in una finale di Coppa del mondo. Dopo la lunghissima corsa, Tardelli s’accascia e rientra nell’ordinario fluire del tempo. E quindi la felicità annulla il tempo, svanisce in fretta.
In “Rimpalli” viene visionata l’infanzia povera di Lorenzo, in una casa modestissima in via Bogino 23 a Torino. I primi giochi di strada, la scoperta dell’oratorio nella chiesa di San Filippo. La scoperta entusiastica del gioco del pallone, attività socializzante e comunitaria. La ginnastica praticata al CONI e l’approdo nel quartiere Mirafiori, in una casa dignitosa. Nel quartiere Mirafiori, alla Piazzetta, Lorenzo trascorre la sua adolescenza. Le prime partite di strada coi compagni coi campi disegnati col gesso. In Piazzetta, Teodoro coi suoi compagni organizza partite vere.
L’autore con estrema delicatezza descrive i giochi fanciulli, i giri con le biciclette. I ragazzini di quel tempo leggevano il Monello, Topolino, Tex Willer, il grande Zagor, Capitan Miki, Black Macigno, l’Intrepido. Nei giorni d’estate si giocava con le pistole ad acqua, con le cerbottane. L’idolo di Teodoro era Pietro Anastasi, nel campione della Juventus intravede un po’ la sua storia civile (figlio del Sud, figlio d’immigrati venuti al Nord per lavorare). A un certo punto, i ragazzi fondano una squadra vera (la chiamano la Folgore), riescono ad acquistare le maglie con i numeri dietro la schiena. Teodoro Lorenzo volle il 9 (come Anastasi). “Anastasi giocava com’era: trasparente, generoso, altruista, istintivo”. Anastasi era figlio del popolo, portava con sé un’infanzia di indigenza. Anastasi è stato un grande campione, ha conservato sempre illesa la purezza dell’infanzia. Anastasi è morto di SLA, ricorrendo alla sedazione profonda. Ha abbracciato la moglie, i figli, s’è addormentato per sempre. In Piazzetta, ogni volta che segnava Teodoro esultava gridando il nome del suo campione preferito: “Goool… gol di Anastasi”.
In “Rimpalli” compare una descrizione di Torino. Compare la Torino delle vie, di piazza Castello, di Palazzo Carignano, sede del primo Parlamento nazionale. La Torino che reca la statua di Vittorio Emanuele II, il re Galantuomo, “che dell’Italia e della sua sorte se ne è sempre preoccupato poco”. Compare la Torino di Cavour e la sua statua. “Ha lottato per l’Italia, il Conte? Si sentiva italiano? Naturalmente no”. La simpatia di Teodoro Lorenzo non è per i potenti, ma per gli uomini marginali, per gli eroi veri. La simpatia di Teodoro non è riservata a Ferdinando di Savoia e alla sua statua in piazza Solferino. Lorenzo non fa sconti ai reali, prova un malcelato disprezzo pe loro. Lui ha cuore Giuseppe Garibaldi, uomo romantico e idealista, paladino della giustizia e della libertà, al quale dobbiamo l’unità d’Italia. Torino ha saputo dedicare a Garibaldi una piccola, modestissima statua, seminascosta, sulle rive del PO, lontano dal centro. In “Rimpalli” possiamo ammirare una narrazione incantata, trasognata dell’età adolescenziale. Il provino di Teodoro con la Juventus insieme all’amico Fabio Manca al mitico Combi, il superamento del provino, la guida amorevole del vecchio Mario Pedrale, più che un allenatore un educatore, “che sceglieva i suoi bambini e li teneva al caldo”. Pedrale insegnava il gioco di squadra, anche Roberto Bettega è stato suo allievo. Pedrale nel 1962, affidò al ragazzino Lorenzo la maglia di capitano dei giovanissimi della Juventus.
L’autore ricorda nel suo scritto Primo Levi, chimico e scrittore torinese, che fece la devastante esperienza del lager e ne “Il sistema periodico” mostrò la sua autobiografia. Primo Levi cercò di indagare quel mondo capovolto della dittatura nazista e nel suo ultimo libro “I sommersi e i salvati” scandagliò le ragioni dell’esistenza. Un uomo, Levi, che l’11 aprile 1987 si suicidò, lasciandosi precipitare nella tromba delle scale. Vivide d’amore, in “Rimpalli”, sono le rimembranze dei compagni della Piazzetta, come Paolo Pesante, animo sensibile, autore di poesie, brillantissimo studente, amava il teatro e la letteratura, autore d’una opera “La Piazzetta- Commedia in tre atti”.
La Piazzetta, quel magico luogo bambino, diventa un topos letterario. Paolo era un romantico, un sognatore, scriveva versi per gli ultimi della Terra. “Rimpalli” scorre rapido, con un linguaggio lineare. Le storie dei giovanissimi sono intriganti. Teodoro comincia a giocare nelle giovanili della Juventus, a diciassette anni però si frattura in modo scomposto il femore. Il dio del calcio, forse, lo aveva già abbandonato. Alcune date sono importanti, funeste. Il 9 luglio 1979, il carissimo Poalo Pesante muore a soli 21 anni in un incidente stradale a bordo della sua Cinquecento insieme alla fidanzata Rosanna. Dopo il grave infortunio, Teodoro con una gamba più corta di due centimetri, ricominciò a giocare lontano dalla Juventus, in serie D nei dilettanti dell’Ivrea. Poi il passaggio in serie C all’Alessandria. Molto interessanti sono le considerazioni che Teodoro Lorenzo fa sul dio del calcio, dio capriccioso e imprevedibile. Il dio del calcio si palesa, ad esempio, il 23 giugno 1986, quando Maradona beffa con un gol di mano il portiere Shilton dell’Inghilterra. Il dio del calcio scrive il copione: gli uomini lo recitano. Il dio del calcio entra inscena quando Maradona con una cavalcata mirabile mette al tappeto l’Inghilterra coloniale, guerrafondaia, delle elisabette. Maradona stese l’Inghilterra e la sua prosopopea in undici secondi e dodici tocchi, tutti di sinistro, dribblando mezza squadra inglese e superando anche il portiere, “come beffa suprema a suggello imperituro”. Il gol più bello della storia del calcio. Le date sono fondamentali. Il 4 maggio 1986, la partita contro l’Entella e il quasi gol segnato da Lorenzo, decisivo per la promozione dell’Alessandria, annullato però dall’arbitro su segnalazione del guardalinee. Alla fine la promozione la ottenne lo Spezia, per un punto. “Fu l’ennesima prova che il dio del calcio non mi amava. Non ero tra i suoi favoriti e non lo sarei mai stato”. Teodoro smise di giocare, si allontanò dal calcio e si incamminò per una nuova strada. L’autore biasima il potere, sta dalla parte degli sconfitti, dei più deboli. Secondo Lorenzo, l’involuzione tattica nel calcio è iniziata con l’avvento di Arrigo Sacchi. “Sacchi fu distruttivo per tutto il calcio. Dopo di lui arrivarono a frotte i suoi epigoni, masticando malamente le sue già incommestibili teorie”. In “Rimpalli” una dote primaria dello scrittore è la sua verve caustica. Questo tempo odierno ha mutato scenari. Anche la casa di via Bogino 23 è cambiata. Da ricovero degli ultimi, dei poveri, degli immigrati, “si è trasformata in sofisticata location di uffici della nuova economia”.
I tempi cambiano, il romanticismo perisce. A Torino, non c’ è più il campo Combi, non c’è più la Piazzetta. Ora, la Piazzetta, è un parcheggio di auto.
Marcello Buttazzo
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