di Marcello Buttazzo –

Il prossimo 10 febbraio il Consiglio regionale della Toscana dovrebbe esprimersi sulla proposta d’iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito depositata dall’associazione Luca Coscioni. Se dovesse essere approvata questa legge, di fatto si aprirebbe una aspra controversia. La Corte Costituzionale, da anni, ha sollecitato il nostro Parlamento a legiferare sul “fine vita”. Ma nei palazzi del potere prevale il furore ideologico e confessionale di certuni, sicché, fino ad oggi, non s’è riusciti a disciplinare una tormentosa terra di confine, relativa alla vita che finisce, che sfiorisce. Ci chiediamo: è possibile, è costituzionalmente corretto, che un Servizio sanitario pubblico d’una Regione possa esprimersi compiutamente e operativamente su questa tematica eticamente sensibile? Effettivamente, i dubbi di costituzionalità sono fondati, dal momento che in alcune Regioni il suicidio medicalmente assistito diventerebbe legale, mentre in altre sarebbe vietato e sottoposto al Codice penale. Il federalismo sulla vita e sulla morte, forse, è costituzionalmente difficilmente ammissibile, difficilmente esperibile. Per questo motivo il Paese dovrebbe dotarsi d’una legge nazionale, in un rigoroso quadro normativo. Ma questa maggioranza di centrodestra, succube dei gruppi “pro-life” più integralistici, ha tutti i numeri parlamentari per non approvare alcuna legge sul suicidio medicalmente assistito. Di pari passo alla questione giuridica procede, seppur in modo molto silenziato, la discussione antropologica. I laici, si sa, sono legati più che altro a un concetto ontologico di qualità della vita umana, e ritengono che il soggetto sia libero di autodeterminarsi, in nome appunto della libertà di scelta e della propria autonomia morale. I cattolici, ligi al cosiddetto concetto della “sacralità della vita umana”, affermano che l’esistenza del soggetto debba considerarsi sempre un bene indisponibile. In un Paese laico e liberale, che dovrebbe fare il pieno di morali, possono essere condivise da tutti le doglianze di alcune associazioni d’ispirazione cristiana, raccolte nel network “Ditelo sui tetti”? Queste associazioni cattoliche hanno lanciato un appello affinché “la Toscana fermi la cultura dello scarto”. Inoltre “Ditelo sui tetti” ha enfatizzato il fatto che “ogni legge di questo tipo ha condizionato in senso fortemente individualista la mentalità generale, facendo ritenere inutili le esistenze malate e fragili”. Forse, nella fattispecie, è totalmente sbagliato questo approccio antropologico e culturale. Se un malato pienamente consapevole, in preda ad una malattia devastante e perentoria, decide di ricorrere alla “dolce morte” non commette alcun arbitrio, non commette alcun misfatto, non cede ad alcuna deriva nichilistica. C’è chi pensa che la vita sia un bene disponibile e che, magari obbedendo ad alcune linee guida sancite per normativa, in certuni casi, possa ricorrere anche al suicidio medicalmente assistito.

Marcello Buttazzo