Vittorino Andreoli, la voce di un’anima
di Antonio Stanca –
Dei primi di Gennaio è un’edizione speciale, per conto dei Periodici del Gruppo Mondadori, dell’ampio saggio Homo incertus (Il bisogno di sicurezza nella società della paura) di Vittorino Andreoli. L’opera risale al 2020, quando era stata pubblicata da Mondadori Libri, mentre ora è la seconda di una collana di venti saggi, suscettibili di modifiche, che la Mondadori sta dedicando allo studioso.
Nato a Verona nel 1940, Andreoli si è laureato in Medicina a Padova e si è dedicato allo studio del cervello e del comportamento umano. Specialista in farmacologia e psichiatria, ha continuato a studiare a Milano, a Cambridge, a Harvard, al Cornell Medical College di New York, è stato direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona-Soave, è membro della New York Academy of Sciences. Intorno agli anni ’70 ha cominciato con le pubblicazioni scientifiche derivandone i temi dalla sua intensa attività di studioso del cervello e del comportamento, di psichiatra quasi completamente assorbito da essa. Famoso a livello internazionale è diventato in questo ambito per i contributi che vi ha apportato, le opere che ha prodotto e l’attività divulgativa che egli stesso ha svolto. In molti posti ha lavorato, in molte lingue sono stati tradotti i suoi libri, molto apprezzata è la sua maniera di riuscire facile, chiaro nell’esposizione nonostante si tratti di argomenti particolari e alquanto complicati. Piace l’Andreoli che scrive perché la sua lettura fa sapere senza fatica di quella vita che avviene oltre le apparenze, che rimane nascosta e a volte senza spiegazione. Con lui non c’è mistero che tenga dal momento che semplice, quasi naturale diventa anche quello. Andreoli non è solo lo psichiatra, l’uomo di pensiero, di scienza ma anche quello di sentimento, di cultura, quello che ha bisogno di mostrare prima a sé stesso e poi a chi legge quanto sta dicendo, come, perché sta accadendo, cosa si potrebbe fare per evitarlo nel caso di un pericolo, di un rischio, di un danno. È uno studioso del comportamento oltre che del cervello ed è naturale che l’osservazione, la valutazione dei fenomeni relativi al costume individuale e sociale, al modo di pensare, di fare, di parlare, di vivere in casa e fuori, da soli e con gli altri, dei più giovani e degli adulti, siano argomenti tra i preferiti nelle sue ricerche, nei suoi studi, temi tra i più importanti nelle sue opere. Ormai sono molte e una lettura cercata, gradita sono diventate per quanto fanno sapere circa i tempi della storia, i sistemi della vita che ultimamente si sono costituiti, affermati. Come dell’esame, del giudizio richiesti dalla modernità si potrebbe dire di quelli dell’Andreoli, come di un umanesimo sempre bisognoso di emergere, di farsi sentire, valere si potrebbe dire del suo. In verità non a dei saggi ma allo sviluppo, allo svolgimento di un pensiero, di un sistema filosofico sembra di assistere nei suoi lavori compreso questo dell’Homo Incertus. Qui ad essere osservata, valutata è quella condizione d’insicurezza, d’incertezza che la modernità ha comportato nella vita del singolo e della collettività. Quella modernità che era stata attesa come la soluzione di ogni problema, la risposta a tanti interrogativi, ha portato ad un diffuso stato di pericolo, di paura. Si è giunti a non essere sicuri né della propria situazione familiare, culturale, religiosa, economica né di quella sociale, né della propria vita né di quella dell’universo visto l’accumulo dei problemi relativi alla salute del corpo, della mente, alla salvezza delle nazioni, del pianeta compreso ormai tra disastri naturali e guerre atomiche. Si è arrivati a dei punti estremi in ogni posto, dal più vicino al più lontano, e nessuno trascura l’Andreoli in questo libro, su tutti si sofferma la sua indagine, ricca di testimonianze, di citazioni si dimostra, evidenziare vuole come si siano persi quelli che erano stati dei riferimenti importanti per la vita di ognuno qualunque fosse la sua condizione, il suo tempo, il suo luogo, la sua istruzione, la sua aspirazione. Non c’è più niente di certo, di sicuro, soli, senza aiuti, esposti a tanti pericoli ci si trova in un mondo che si è allargata perché aumentata è la sua popolazione, moltiplicati sono i suoi mezzi di comunicazione, di produzione, di trasporto e di ogni altro tipo.
Inquietante, allarmante è la visione che proviene dall’opera, è quella che si sapeva senza, però, aver avuto finora la possibilità di coglierla al completo. Non è, tuttavia, un quadro rigido, fisso nelle sue considerazioni, nelle sue valutazioni perché è continuamente attraversato dalla voce di quell’uomo che non parla solo di materia ma anche di spirito, che non è solo uno scienziato ma anche un filosofo, un filosofo umanista e come tale non rinuncia a formulare un sistema d’idee, ad intravedere una soluzione a quanto sta succedendo, a perseguirla, scoprirla, indicarla in un atteggiamento, una condotta che porti a ritrovare il bene perduto, quello proprio di ogni incontro, di ogni scambio, di ogni aiuto, di ogni unione, di ogni collaborazione. Nel segno del bene da recuperare, da rivivere si conclude l’opera dell’Andreoli, alla costruzione di un progetto più che ad un saggio critico assomiglia, al discorso, quanto mai esteso, di un umanista che non si è rassegnato all’idea della sconfitta, che ancora è convinto di poter uscire dalla crisi, di avere delle risorse. Non c’è lavoro dove lo studioso, pur soffermandosi ad illustrare gli aspetti negativi che caratterizzano i tempi moderni, mostri di rinunciare ad ogni tentativo di superarli, di andare oltre, di salvarsi. È questo il tono che lo distingue, che fa della sua scrittura la voce di un’anima più che di un tempo.
Antonio Stanca
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