di Marcello Buttazzo –

Luce del Sud
zucchero e ricotta
su case e finestre
sui nostri abbracci bianchi.

Aria di sonno
domenica impastata
di sole:
t’invento
e mi trovo.

Torna alla poesia Maria Pia Romano. È uscito da poco (settembre 2024) il suo nuovo libro di versi intitolato “Altri strani animali”, pubblicato da RP libri (per l’anello di Mobius, sezione diretta da Antonio Bux). La giornalista e scrittrice Maria Pia Romano, che ha dato alla luce negli anni significativi romanzi, di fatto, non s’è mai allontanata dalla poesia. Lei nasce come poetessa e anche nelle sue narrazioni la cifra inerente e portante della sua vocazione scritturale è la poesia. “Altri strani animali” è un’opera pura, uno scavo profondo nelle pieghe della vita, nelle scaturigini dell’amore.

La poesia di Romano è lucente come un’aurora, verdeazzurrina come il mare. Una poetica che esprime l’eterna avventura umana con sintagmi e grammatiche essenziali, nel senso precipuo che vanno alla radice delle cose. Il suo linguaggio è lineare, chiaro, per niente umbratile, per niente cerebrale e ampolloso, sfrondato da ogni inutile orpello decorativo. La sua lingua è nuda, come la terra nuda. E i suoi flash linguistici sono costruzioni evocative di spessore. Antonio Bux, nella prefazione, scrive: “Se da un lato tra le altre cose si annidano gatti, profumi speziati di terre lontane, dall’altro un amore lunare e al tempo stesso terragno mitiga il dolore, inteso come accettazione del male che compenetra finanche la parte più pura di ogni essere vivente e ne fa cicatrice esiziale che nella propria ferita innalza un monumento alla vita”. Romano conosce il dolore, le lacrime. Le sa consolare. Lei sa ricucire l’ancestrale ferita con ago d’amore. La poesia è dolore e gioia, caduta e risalita.

Lo scrittore e intellettuale salentino Aldo De Francesco (da qualche anno scomparso) riteneva che la poesia fosse religione del dolore, “o un poeta sarebbe solo la caricatura del poeta, sarebbe una caricatura afona che si sforza di fare delle boccacce, laddove il poeta è una persona come gli altri ma che ha ricevuto in dono la capacità di gridare o cantare la sua sofferenza e/o la sua gioia”. Maria Pia Romano s’affida al dolore e alla gioia per cantare il suo sterminato amore per la vita. “Altri strani animali” s’apre con “Adagio di viaggio”, un percorso antropologico e poetico in cui campeggia una multiforme umanità e popolazioni di gatti, felini della luna. Si può passare da Tunisi, dove Medina è una mattonella del cielo. In sequenza compaiono cantastorie, maghi, musicanti, danzatori, gatte nere acciambellate.

Appunti d’un viaggio esistenziale per i meati sempiterni dell’esistente. Ad Albufera, “su specchi d’acqua/ riscoprire a mani giunte/ un crocefisso”; a Kalispera, “curva, la vecchia del mare/accarezza un gatto nero”. E ancora “ore lente/ tra i limoni e il basilico/ e memorie ioniche”. Poesia d’amore. Amore per la persona desiderata. Amore per la vita, questo infinito stratagemma per selciati conosciuti e inconosciuti. Poesia d’amore che si nutre di passione e di fiducia nell’altro, nell’interlocutore amato: “So che verrai/ e mi darai il tuo nome”. Una dichiarazione d’amore all’altro da sé e all’esistenza. Eppoi, c’ è il mare, bara di ghiaccio. Poesia d’amore che si sostanzia di vagheggiamenti, di sogni, di attese, di baci, di sigilli liquidi sulle labbra. L’Eros, forza primigenia e vitale che tutto muove, è sempre presente nei versi di Romano. A volte, è dirompente. L’amore è labbra, amplesso fitto fitto, danza, seno da avviluppare, nudità, tocco di dita, una conchiglia che ha sempre sete. L’amore è mare, albe idruntine, tramonto ionico. Assistiamo, talvolta, ad una sana idealizzazione della persona amata: “Sei solo un uomo/ ma ti vedo come un dio/ che apre mondi”. Idealizzazione benedetta d’un amato che ha il potere di guardare con le labbra, che viene vissuto coi sensi azzurri amplificati. Un amato che è la scoperta del tempo.  Lui è carnale e spirituale, cuore ricamato. Maria Pia sa delle origini dell’amore e delle tentazioni delle profondità, sa disvelare anche le intenzioni della lingua, le danze rosse fra le cosce. L’ardore d’amore è talmente intenso e vivido che ci si può intersecare l’uno nell’altra, l’amata sa riempirsi dell’amato. Lei è la luna, la via lattea. Lui è l’Orsa maggiore. Controluce si scorge sempre l’amato, la sua estrosità sorgiva, la verità assoluta dell’amore. Si può essere devoti al silenzio, cercatori di lucciole, vivere nelle cose e sentirne il battito prepotente, diseguale, sapere che la beatitudine può essere una sera di luna piena. I poeti, si sa, sono bambini che giocano con solitudini e specchi. I poeti fanno, producono. Creano bellezza umana, evocano vissuti da scandagliare fino alla sorgente. In “Altri strani animali” davvero di forte impatto sono alcune figurazioni liriche (“Nuda goccia senza acqua/ vivo in una pozzanghera”; “i gatti e la luna,/ io e le maree/ e tu fermo a contare le stelle”; “Sono piena d’amore/ se vago nel mondo/ se mi abiti/ posso scrivere l’alba”; “E accorgermi/ che un’albicocca/ mi parla di te”). Sempre Antonio Bux, nella parte finale della sua introduzione, scrive: “E se il titolo suggerisce che forse è l’essere umano quell’altro “strano animale”, il messaggio più profondo a cui questo lavoro sottende è quello di avere cura del proprio amore, affinché questo amore ritorni rigenerato come un riflesso più verticale e profondo negli esseri, sia umani che animali, che amiamo e rendono il nostro percorso su questa terra un unico e straordinario viaggio d’amore che nelle parole della poesia cerca consolazione e riparo.”

Maria Pia Romano, si sa, ha un grande amore per i gatti, di cui si prende cura quotidianamente. Ma ama soprattutto intensamente l’umano, l’altro “strano animale”. Maria Pia è una donna, una poetessa viva, pulsante di venustà, che sa cercare nell’ordinarietà delle cose gli aspetti predominanti, ma anche piccoli, minuscoli. E sa farne poesia.

Il Sud dei poeti
si scioglie sul corpo
a mezzanotte
la lingua
a punta di coltello
scrive versi
e la luna
e il basilico
e tu
che m’accendi.

Marcello Buttazzo