di Marcello Buttazzo –

La poesia è un diamante grezzo
Sembra un normale sasso
A cui nessuno presta attenzione
Eppure emana una luce intermittente
A seconda di chi lo guarda.

A volte non siamo noi a raccogliere il sasso                   
Ma è il sasso che illumina i nostri pensieri
E scalda il cuore solitario di un poeta
Che cammina con le pietre grezze in tasca
E come il verme che diventa farfalla
Il diamante si libera del buio superfluo
E brilla in tutte le direzioni.

La poesia è amore per la vita e per le parole dette e taciute. È discesa a piedi nudi negli abissi di sangue, per poi risalire con la mente lucida, l’ingegno aguzzo. Il poeta non si difende più dalle notti insonni, né dall’assedio di vari pronunciamenti. Poeta è ricordarsi delle proprie visioni, quando tutti sono accecati dalla realtà. La poesia è una ferita che ti aspetta, si sostanzia di silenzio, si può perdere dietro un amore mai nato, sa abbracciare le solitudini degli uomini e delle donne. La poesia sa scegliere le anime pure che la sanno ascoltare, gli spiriti indocili che la sanno accogliere. La poesia è come il vento, è corpo e anima universali. La poesia.

La poesia di Donato Di Poce vibra di carne viva e spirituale, si palesa come un discorso corale, aperto, libero, con un pluralismo di accadimenti, di storie. Donato Di Poce, poeta, critico d’arte, scrittore di poesismi, fotografo, artista poliedrico, dotato di grande umanità, sa navigare con sapienza e meraviglia sul vascello senza tempo della poesia. Fra i mari frastagliati dell’esistenza, sa pescare sempre pietruzze e calie preziose, lampi di bellezza, ipotenuse di stupore. È stata appena pubblicata, a gennaio 2022, la nuova raccolta di poesie di Donato Di Poce “La poesia è un diamante grezzo” (Edizioni Helicon), nella Collana “le Organze” diretta da Marina Pratici. In apertura, un distico di Pier Paolo Pasolini: “T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece”.

La poesia dell’umiltà, della onestà, anche della complessità, sa brillare alla luce del presente e dell’amaranto del domani. Si leva pungente la voce di Di Poce a stigmatizzare il dilettantismo dei falsi poeti, volgari, picconatori d’un nulla incolore, patetici, cinici e anaffettivi, concentrati spasmodicamente sul proprio Ego, ciechi al cospetto del dolore degli altri. L’autore definisce questi falsi poeti con la dizione di poetocrati, tra le altre cose, anche falsi critici, falsi editori, maestri del travestitismo e del mimetismo. I poetocrati, di solito, sono quelli che seminano poetichese ed hanno troppo potere mediatico. Sostiene Di Poce: “I poetocrati spesso hanno mogli, amici e parenti nelle redazioni dei giornali culturali, dirigono collane di poesia dove l’editore è la moglie, dirigono case di poesia e si scambiano inviti internazionali autoreferenziali a festival importanti, solo per aver scritto qualche scoreggia poetica nazionale, o essere la dama di compagnia di qualche Marchese Nazionale”. Invece, la poesia adamantina è davvero un diamante grezzo, che sa illuminare la notte e le nostre vite. La crisalide sembra condannata al suo triste e chiuso destino di bozzolo; epperò, a un certo punto, con uno slancio vitale, con un volgere cangiante di metamorfosi, sa trasformarsi perfino in coloratissimo lepidottero. E così la poesia onesta. “Ma non c’è vita senza poesia vera/ E non c’è poesia senza vita vera/Il poeta beve un caffè con il nulla/Mentre ascolta il ronzio di storie/Che non devono essere raccontate/E fa l’amore con l’assoluto/Per catturare entropie di paradiso/ che sgorgano sangue/”.

Lo stile di Di Poce è altamente civile, lirico e filosofico. L’autore non si ripiega mai su se stesso, è sempre propenso ad un discorso globale, che includa in un unico afflato d’amore l’umanità. Soprattutto, quella più travagliata. In alcuni tratti, il suo pessimismo è solo storia d’un attimo: questa malcelata mestizia si risolve, spesso, in un’aura di luce, di attesa, di speranza. Alcuni versi sono dedicati ad amici artisti. In particolare, emozionanti le parole redatte per Ulisse Casartelli, eccentrico poeta milanese del vero, delle “brevi estasi”, scomparso improvvisamente nel 2019. Di Poce ha dedicato a Casartelli versi di acceso lucore (nel 2016), ricordando come l’amico fosse avvezzo a scrivere sotto un lampione, mentre il suo corpo liberava piume di leggerezza, ciotoli d’umanità e abbracci d’amore evanescenti, inascoltati. Forse, ha pienamente ragione Di Poce a interrogarsi fittamente sui silenzi e sulle solitudini della poesia. “Il mestiere di vivere” del poeta è quello di distillare gocce di parole rosse come il sangue. “Il mestiere di vivere” di Donato Di Poce è anche quello di narrare l’eterno cammino errante degli ultimi, degli invisibili, degli abbandonati.

All’autore non interessano le persone che abitano il sublime, né i potenti che giocano spregiudicatamente a scacchi con l’umanità; lui è simbioticamente vicino ai vinti, ai dimenticati, aggrappati agli argini della Storia. Il poeta va alla ricerca di molliche di silenzi per sfamare l’umiltà degli ultimi, nella consapevolezza che siamo tutti imperfetti. I politici pianificano i loro stantii programmi popolazionistici. Così, è lapalissiano osservare: una sorda Europa delle banche e dei burocrati definisce con superficialità parte del popolo migrante come “clandestino”. Di Poce urla il suo dolore per quest’umanità travolta dall’orrore, per questi esseri umani che non trovano una degna cittadinanza nell’Occidente opulento. Tanti politici sanno solo progettare e costruire muri di lamiera e di ferro spinato ed elettrico per frenare la corsa dei disperati. Gli artisti, invece, creano solo un “muro” di carta, inchiostrato d’amore e di dolore. A futura memoria. A futura speranza di un approdo. “La poesia è un diamante grezzo” è un libro essenziale ed elegante, in cui la parola fluisce con incisività, mostrandoci l’immaginario in volo d’un grande poeta contemporaneo.

C’è chi lascia nell’aria una nota
Affinché qualcuno la trasformi in musica
E chi traccia meridiane d’amore nel cielo
Affinché ognuno le possa vedere
Ma solo le comete come te
Fanno vedere mondi nuovi con un sorriso
E sanno trasformare la musica in poesia
E i silenzi in atti d’amore eterno.
                                                        

Marcello Buttazzo